Qui di seguito vi propongo la prima pagina del libro “… verso la Mongolia!”
Sarà stato il ’96 o il ’97 quando lessi su un giornale il resoconto di un “matto”, che con tre moto ed un fuoristrada d’appoggio aveva raggiunto Novosibirsk, in Siberia. Era sicuramente la prima volta che sentivo nominare Novosibirsk, ma il nome Siberia suscitava in me un fascino speciale. Una regione della Russia grande quanto un continente; ricca come un petroliere arabo ma fredda quanto una “siberia”. La minor densità di popolazione del pianeta, la ferrovia più lunga del mondo; fiumi grandi come laghi, laghi grandi come mari… Incredibile!
Nel frattempo dopo tanti viaggi negli Stati Uniti, volevo qualcosa di più. Viaggiare per me assumeva un’importanza via via crescente, e mi ero stancato di viaggiare solo per vedere. Volevo iniziare a viaggiare per imparare, per confrontarmi con realtà completamente diverse dalla mia, per crescere. Passare cioè dal ruolo di turista a quello di viaggiatore. Vedevo nei Paesi dell’Est il target più consono al mio nuovo ruolo ed oltretutto, ad una distanza raggiungibile in moto: l’unico mezzo che ormai abbinavo alla parola viaggio. Dovevo però fare esperienza ed avvicinarmi per gradi a Lei, “Grande Madre Russia”: lo stato più grande, il più intrigante, il più chiacchierato, il più temuto. Impenetrabile! Fino a pochi anni addietro l’ago della bilancia della pace nel mondo. Un territorio sconfinato, da ovest a est ben 11 fusi orari; da San Pietroburgo alla Kamchatka forse 13/14.000 km. Ricco di storia e di leggenda, come potrebbe non attirarmi? Mi attirava eccome, ma allora non era ancora il momento e
l’articolo finì in uno scaffale.
Nel ’97 è la volta di Dubrovnik: l’antica Ragusa in Croazia. Mi godo un mondo la costa Dalmata ed al rientro, visito all’interno alcuni luoghi colpiti dalla guerra appena terminata. Fu una bella esperienza e nel ’98 sono pronto per il passo successivo: la Romania!
Non vedevo di certo la Croazia e poi la Romania come tappe di avvicinamento, in quanto un viaggio in Mongolia mi sembrava come minimo impensabile, e non potevo certo immaginare quello che avrei fatto di lì a pochi anni. Andavo semplicemente nel luogo che ritenevo più adatto alle mie esigenze del momento. Fatto sta che nel giugno ’98 parto per la Romania. L’impatto è scioccante, tremendo: un mondo così diverso, così povero, eppure a così poca distanza da noi. Passato il primo momento di shock, comincio ad apprezzare l’ospitalità e la cordialità della gente. Mi piace, e mi piace così tanto che decido di tornarci il mese di agosto. Con la mente più aperta sono in grado di apprezzare ogni istante, ogni contatto.
Intanto il feeling con il mio Goldwing 1200 di nome Thelma aumentava ed il mio concetto di distanza stava assumendo proporzioni diverse. Contemporaneamente cresceva anche la considerazione che avevo dell”Italo viaggiatore”, me la cavavo decisamente bene, ed il confronto con quelle persone mi rendeva migliore. Agli inizi del ’99 cominciavo a pensare alla meta del prossimo viaggio estivo. Mi sentivo pronto per il passo successivo: la Russia!! Sapevo che per entrare ci voleva un visto particolare, ma non era facile ottenerlo. «Dov’è finito l’articolo di quel “matto” che è andato in Siberia?!?» penso. «Eccolo qua!»…
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ed ancora un trafiletto a pagina 48:
Rallento, ormai non ho nessuna premura. Stando alla cartina il lago dovrebbe essere alla fine della discesa. Mi fermo a fumare una sigaretta vicino ad un “albero dei desideri”: è una tradizione beneagurante appendere dei nastrini di stoffa colorata sugli alberi. Non ho fretta; e come quando ti rendi conto che una cosa tanto agognata è tua e non ti può sfuggire, temporeggi, e nel prolungamento dell’attesa moltiplichi il piacere.
Da settimane cavalco il mio bolide inseguendo un sogno, o meglio, qualcosa che consideravo assolutamente al di fuori delle mie possibilità. Ho attraversato 7 fusi orari, più della metà delle “terre emerse” dell’emisfero nord, ed ora, il lago Bajkal è ad appena una decina di chilometri.
«Ne abbiamo combinate tante insieme io e te Thelma?!» dico sottovoce mentre mi riallaccio il casco, «e pensare che i “crauti” non ci consideravano all’altezza! Ora andiamo, ci aspetta il lago e poi il motoraduno».
Scendo piano quasi in assenza di pensieri. Ormai solo la mano di Dio può togliermi quanto mi sono meritato.
10 tornanti più a valle vedo uno specchio d’acqua avvolto in un incantevole scenario. Dovrebbe essere il Bajkal ma dal mio punto di osservazione il colle mi impedisce la vista: potrei confonderlo per un qualsiasi altro lago.
Chiedo ad un uomo seduto sotto un “albero dei desideri” se quello che vedo è proprio il lago Bajkal. Mi guarda incredulo, come probabilmente un parigino guarderebbe un turista incapace di riconoscere la torre Eiffel. «Dà dà, eta Bajkalu jest!!» risponde. Gli spiego che sono italiano, che ho percorso 8.500 km per raggiungerlo. È sgomento…
Mi siedo accanto all’uomo, rivolto verso il lago. Sono in trance, in totale assenza di emozioni. Poi inizio ad immaginarlo maestoso estendersi 650 km a nord-est, e 100 km a est. Lo immagino gelato, per 7-8 mesi all’anno diventare un immensa pista di pattinaggio. Immagino le sue acque cristalline e pure ad una temperatura non superiore ai 4-5°C neanche d’estate. Immagino 335 fiumi che si immettono, ed uno solo, grandioso, che ne esce: l’Angarà! Lo immagino vuoto a più di 1600 m di profondità, e tutti i fiumi del mondo che in un anno non riuscirebbero a riempirlo. Immagino un ecosistema perfezionatosi in 25 milioni di anni con migliaia di specie endemiche. È lui: “il cuore blu della Siberia”; “lo specchio della taiga”; “la fonte del pianeta”. Il 20% della riserva mondiale d’acqua dolce, il lago più grande del mondo, è lì, concreto.
Sorrido, pensando ad un’altra frase della poesia di Kipling:
SE saprai sognare, ma i sogni non diventeranno il tuo padrone…
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